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La morte di Ebrahim Raisi e del suo staff, in un Medio Oriente che chiede pace

2024-05-24 16:28

Filippo Bovo

La morte di Ebrahim Raisi e del suo staff, in un Medio Oriente che chiede pace

I vari fatti occorsi in Medio Oriente in queste ultime settimane hanno scosso profondamente gli animi del mondo intero, suscitando infiniti dibattiti,

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I vari fatti occorsi in Medio Oriente in queste ultime settimane hanno scosso profondamente gli animi del mondo intero, suscitando infiniti dibattiti, emozioni e suddivisioni. Difficilmente, dato il loro impatto, avrebbe potuto esser diversamente. 

 

Il Presidente iraniano Ebrahim Raisi, insieme al Ministro degli Esteri Hossein Amirabdollahian ed altri importanti esponenti nazionali, ha trovato la morte precipitando col suo elicottero sulle alture dell'Iran settentrionale, mentre ritornava dall'inaugurazione della diga di Qizqaleh Si, presso il confine irano-azero.  Aveva incontrato le controparti azere, a partire dal Presidente Ilham Aliyev; oltre a discutere della nuova diga, simbolo di amicizia e cooperazione tra i due paesi, i due leader avevano congiuntamente ribadito anche il loro comune appoggio alla causa palestinese. Probabilmente proprio questo elemento, insieme a numerose altre coincidenze, ha portato molti osservatori a pensar subito ad una possibile “vendetta israeliana”, compiuta magari attraverso un sabotaggio dell'elicottero, un vecchio Bell 212. Dopotutto, siamo a poche settimane dagli attacchi israeliani all'Ambasciata di Damasco, a cui è seguita una massiccia reazione iraniana e una più timida contro-risposta israeliana: la tensione, in tutta la regione, si taglia col coltello.

 

Tuttavia, la linea seguita fin da subito dal governo iraniano è stata di massima e prevedibile prudenza: con un simile fatto appena avvenuto, in un quadro regionale ed internazionale tanto teso come oggi, sarebbe stato semplicemente da irresponsabili lanciare accuse ad altri paesi con cui i rapporti sono di per sé già al calor bianco e per giunta senza neppure uno straccio di prove. L'Iran, che ha osservato cinque giorni di lutto per la scomparsa del Presidente e del suo seguito, ha oltretutto una tradizione politica e diplomatica ben lontana da quello di “paese dalla testa calda” come spesso i media occidentali sono soliti raffigurarlo. In quei momenti tanto difficili, col disastro aereo appena avvenuto, solo l'ex Ministro degli Esteri Mohammad Javad Zarif s'era sbilanciato un po', sostenendo che fossero state le sanzioni statunitensi varate dal 2015 ad aver causato la morte del Presidente e degli altri passeggeri a bordo dell'elicottero: bloccando l'acquisto dall'Occidente di nuovi aerei e di ricambi per le regolari manutenzioni, in Iran sono da allora costretti ad avvalersi di ricambi retroingegnerizzati ed altri espedienti comunque non sufficienti a garantire una piena sicurezza per quella parte di flotta aerea ed elicotteristica ancora composta di mezzi occidentali. Non così è invece per gli altri mezzi, acquistati da paesi che aggirano o non applicano tali sanzioni. Come abbiamo detto, però, l'elicottero su cui in quel momento viaggiava lo staff presidenziale era proprio un Bell 212, prodotto quindi negli Stati Uniti.

 

Se la dichiarazione di Zarif, peraltro estremamente formale e pacata, era il massimo sbilanciamento espresso a caldo da un leader iraniano, difficilmente dunque ci si sarebbe potuto attendere un'esternazione ben più grave da parte di qualche altro ufficiale. In attesa di concludere il lutto, le autorità iraniane intendono infatti procedere con le loro indagini, che saranno delle più accurate, per stabilire le reali ragioni del drammatico incidente. Soltanto dopo si potrà asserire se sia trattato di un problema tecnico dovuto all'età o all'usura del mezzo, o ad un suo sabotaggio da parte altrui. Qualche prima testimonianza, riguardante anche le condizioni meteo che inizialmente parevano non essere delle migliori e quindi tra le possibili cause dell'avvenuto, sta intanto emergendo favorendo il lavoro agli inquirenti; analogamente altri riscontri ancora stanno giungendo da personalità dell'ambito presidenziale come da esponenti delle Forze Armate

 

Come già raccontato, il lutto nel paese è durato tutta la settimana con funerali solenni e massicciamente partecipati dalla popolazione. Molti leader e paesi nel mondo hanno reso onore ai caduti ed espresso le proprie condoglianze a Teheran, da tutto il Mondo Arabo e musulmano ai grandi alleati come Xi Jinping e Vladimir Putin, fino a tutti i paesi del Sud del Mondo, africani, asiatici e latinoamericani. Numerosi paesi della regione hanno a loro volta stabilito in segno di solidarietà vari giorni di lutto, dall'Algeria al Libano, dalla Siria alla Tunisia, e via dicendo. Non è decisamente il momento per lanciare accuse ancora non verificate verso paesi, come magari gli Stati Uniti o Israele, che in questa precisa fase storica si trovano pure più alle strette che mai, con le incriminazioni e i mandati di cattura emessi dalla Corte Criminale Internazionale a carico del premier Netanyahu e del suo ministro alla Difesa Gallant; mentre sempre più paesi nel mondo intendono avviare il loro riconoscimento dello Stato Palestinese aggiungendosi ai tanti, vale a dire i più, che già in tal senso si espressero ancora anni or sono. 

 

Chiunque, mentre in Iran e in gran parte del Medio Oriente ancora s'indaga e s'osserva il lutto, giochi a fare il detective come molti effettivamente hanno fatto in questi giorni, dimostra non soltanto un'immensa mancanza di rispetto per il dolore di un paese e di un popolo, ma con incoscienza fa pure il gioco di quanti non vogliono pace ed autodeterminazione per i palestinesi e certezza della pena per chi, da occupante dei loro territori, si copre di crimini di guerra. E' un comportamento facinoroso ed irresponsabile su cui ben varrebbe riflettere.

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