Molti avranno già sentito parlare, magari in alcuni dibattiti televisivi, del Fentanyl, farmaco analgesico ormai classificato come droga a tutti gli effetti, in quanto derivato da oppioidi ed originariamente concepito proprio allo scopo di contrastarne la dipendenza nei loro utilizzatori. La sua potenza, come apprendiamo dalla Direzione Centrale per i Servizi Antidroga del Ministero degli Interni, supera di ben ottanta volte quella della morfina, e ciò obbliga le varie istituzioni a sottoporne la molecola e i derivati ad un rigoroso controllo internazionale. Il controllo riguarda anche i derivati a scopo non farmaceutico, come il 3-metilFentanyl, a cui fanno ricorso le organizzazioni criminali per la sintesi di droghe come l'eroina sintetica o per mescolarli con l'eroina vera e propria.
Se in forma legale il Fentanyl coi suoi sali si presenta come una polvere bianca granulare o cristallina, da cui l'industria farmaceutica ricava soluzioni da iniettare, cerotti transdermici, pasticche ad uso transmuscoso orale o ancora compresse vestibolari, in quella illegale acquisisce invece tutt'altro aspetto, ad esempio come una polvere gialla ed impalpabile, soprannominata “Persiano Bianco” e a base di 3-metilFentanyl, o come pezzettini di cartoncino impregnati, noti come “trip di carta”. Oltre ad un'azione analgesica produce anche stordimento ed euforia, quest'ultima non al livello di morfina ed eroina. E' quanto sempre apprendiamo dal Ministero degli Interni, nella cui scheda informativa sono inoltre descritti gli effetti sulla salute a breve come a lungo termine: nel primo caso, nausea, vomito, capogiri, affaticamento, mal di testa, costipazione, anemia ed edema periferico; nel secondo, invece, il rapido sviluppo di tolleranza e dipendenza, con interazioni gravi qualora sia mischiato con altre droghe eroina o cocaina, con l'alcol o con psicofarmaci come le benzodiazepine. L'overdose provoca una depressione respiratoria, ma può anche determinarsi una grave crisi anafilattica o una morte improvvisa per infarto, facilitata dal fatto che bastino anche solo due milligrammi di Fentanyl per causare il decesso di un individuo. Sempre dai Servizi Antidroga del Ministero, apprendiamo che tanto negli Stati Uniti quanto in Europa s'è registrato un vistoso numero di decessi causati dall'assunzione di “fentanili” sintetizzati o prodotti in maniera illecita, talvolta definiti “fentanili non farmaceutici”. Poiché tali decessi avvenivano con grande rapidità, in molti casi sono stati classificati come morti da eroina combinata con Fentanyl o suoi derivati. Test condotti dalla Janssen Pharmaceutical hanno provato che l'azione analgesica del Fentanyl supera di 470 volte quella della morfina, e un suo derivato come il Carfentanyl addirittura la supererebbe di diecimila volte. Non a caso fin dal 1964 il Fentanyl è stato inserito nell'Allegato I della Convenzione Unica sugli stupefacenti, apparsa nel 1961. Altri suoi derivati sono stati aggiunti a partire dal 1980 fino al 1999, per un totale di almeno tredici fentanili. Negli Stati Uniti la fornitura di NPP è stata sottoposta a controllo dal 2008 mentre la Drug Enforcement Administration ha proposto di applicare tale procedura anche sull'anilino, derivato del NPP e precursore del Fentanyl. Nel caso italiano, il Fentanyl con una trentina di suoi analoghi e derivati è inserito nella Tabella I delle sostanze stupefacenti, secondo il DPR n. 309/90, nonché sulla Tabella dei medicinali, Sez. A ed Allegato III-bis, tra i farmaci per la terapia del dolore severo che possono essere prescritti in forma semplificata.
Fin qui la normativa tra Stati Uniti ed Italia, ben riassuntaci dal Ministero. Tuttavia, da alcuni mesi sembrerebbe che su tale droga si siano accesi i riflettori del mondo mediatico e politico, oltre che medico e scientifico, come testimoniato proprio dall'accresciuto proliferare di vari articoli di giornale e servizi televisivi, a tacer degli interventi di numerose personalità politiche. Già Repubblica, per esempio, ne parlava mesi fa, in un articolo in cui lanciava l'allarme su come tale droga ormai spopoli nel dark web, contendendo sul mercato la piazza ad un altro affermato e famigerato stupefacente come la cocaina. Dopo aver ricordato come soltanto negli Stati Uniti nel 2022 questa droga sia costata la vita a più di centomila persone, l'articolo ne elenca le proprietà di farmaco e la sua classificazione presso l'OMS, non prima però d'aver ricordato che il suo paese produttore è la Cina. Qua iniziano purtroppo le speculazioni che in molti, tra giornali ed esponenti politici, dagli Stati Uniti all'Europa, hanno fatto quasi a voler individuare nel Fentanyl un nuovo espediente con cui delegittimare o porre in cattiva luce il grande paese asiatico. Tuttavia l'articolo di Repubblica, rispetto ad altri visti in rete, appare decisamente più onesto e a carattere soprattutto tecnico, e pertanto meritevole di una promozione: certo, il giornale e il suo gruppo editoriale d'appartenenza ha una vocazione fortemente atlantista, che lo porta molto spesso a sposare una sinofobia o una russofobia piuttosto “gratuite” e più in generale un atteggiamento sempre piuttosto “polemico” verso quei numerosi paesi, fatti e contesti “colpevoli” di non esser più di tanto allineati a Washington o a Bruxelles. Ma non possiamo certo dire che pure gli altri gruppi editoriali e relativi giornali italiani, ed occidentali, siano poi tanto diversi: nel caso nazionale, si pensi al Giornale e al suo gruppo editoriale, degni “sosia a destra” del Gruppo GEDI-Corriere, e così pure per tutti gli altri grandi e medi nomi non elencati. Una certa sinofobia a sfondo politico, come in questo caso, è purtroppo propria di un determinato linguaggio politico dominante nel nostro paese, dato che quest'ultimo per note ragioni storiche si trova inserito in una determinata area di mondo a guida incontestabilmente statunitense. Tuttavia ciò non deve scoraggiare ma al contrario incoraggiare la libertà d'opinione, affinché anche altre voci e chiavi di lettura, e non soltanto quelle gradite al pensiero politico e culturale dominante, trovino sempre più un loro spazio o riescano quantomeno a mantenerlo nel momento in cui si trovino, come spesso è pure capitato che avvenisse, alquanto schiacciate o soffocate.
Facciamo quindi ritorno all'articolo di Repubblica, dove la Direttrice del Centro Nazionale Dipendenze e Doping spiega che in Italia l'uso del Fentanyl è ad oggi piuttosto limitato, venendo usato in filiale negli ospedali ed in cerotti nei Serd per la disintossicazione da eroina, mentre negli Stati Uniti il suo consumo è decisamente più elevato. Questo perché diversamente dal nostro paese e dal resto d'Europa, dove vengono usati antinfiammatori non steroidei per uso antidolorifico, negli Stati Uniti vengono invece somministrati oppiacei sintetici; di conseguenza, poiché l'organismo si ritrova assuefatto a farmaci con un elevato trattamento del dolore, chi non riesce a trovarne di efficaci per il suo caso è indotto a far ricorso al mercato nero, proprio come i tossicodipendenti da eroina. Peraltro rispetto a quest'ultima il Fentanyl costa molto meno, è cento volte più potente e si può creare in semplici laboratori da cucina: questo lo rende ideale anche per le organizzazioni criminali, visto che di conseguenza è pure di facile spaccio. Tuttavia, a livello italiano nel girone dell'illegalità sarebbero altre al momento le droghe che la fanno da padrone: al primo posto tra i consumatori di stupefacenti risulterebbe infatti la cannabis, seguita dalla cocaina, mentre l'eroina non supererebbe l'1%. In Italia, dunque, sarebbe un mercato ben più che di nicchia, peraltro accuratamente attenzionato dalle istituzioni, a partire dall'Istituto Nazionale di Sanità, che avrebbero registrato solo due decessi dal momento in cui il Fentanyl è apparso sul nostro mercato e che sarebbero in ogni caso preparate a fronteggiarne un'eventuale espansione. Per il momento, a riprova che sono ancora altri generi di stupefacenti a dominare la scena, risultano essere stati pochi pure i sequestri.
Più recente un articolo di Bloomberg, il cui titolo lascia ben trasparire il peso mediatico che soprattutto negli Stati Uniti il Fentanyl ha acquisito con l'attuale campagna elettorale per le Presidenziali: “La crisi del Fentanyl al centro della corsa alle Presidenziali USA mentre le morti raggiungono i 270mila casi”. Oltreoceano, effettivamente, la diffusione del Fentanyl tra i tossicodipendenti con relativi danni sociali ha raggiunto livelli definiti come “epidemici” ed è quindi più che comprensibile che tale emergenza entri nel dibattito elettorale trascinandone i candidati. Come paese “periferia dell'impero”, è inevitabile che pure qua di tale dibattito se ne sentano in qualche modo gli effetti, con tutte le relative letture e soprattutto speculazioni politiche e mediatiche che inevitabilmente lo possono accompagnare. Contrariamente a quanto precedentemente espresso da Repubblica, tuttavia, l'articolo di Bloomberg spiega quale sia la vera catena produttiva del Fentanyl, creato solitamente in Messico da organizzazioni criminali con sostanze chimiche a basso costo prevalentemente prodotte in Cina. Per l'esattezza, le organizzazioni criminali messicane sono molto spesso statunitensi, che per ragioni di comodità e sicurezza hanno spostato le loro attività produttive nel Messico o anche in altri paesi latinoamericani. Sono dunque mafie delle comunità latinos statunitensi che intrattengono rapporti con quelle d'oltrefrontiera o che al contrario vi si scontrano o s'aggiungono alle loro preesistenti faide, gettando ancor più nella violenza e nell'insicurezza vaste aree del Messico, soprattutto quelle vicine al confine con gli Stati Uniti. Quanto alle materie utilizzate per la produzione del Fentanyl, provenienti dalla chimica industriale e quindi da ambiti legali, ma caratterizzate da un costo assai basso sia in termini di produzione che di vendita, appare inevitabile che i paesi produttori siano soprattutto quelli in via di sviluppo o che lo sono stati fino a non molto tempo fa, e tra questi figura certamente ma non solo la Cina. Questo perché, non risultando più conveniente la produzione in moltissimi settori dei più disparati, dalla chimica alla siderurgia, dalla vetreria al tessile, ecc, molti grandi gruppi occidentali a partire dagli Anni ‘80 hanno cominciato a delocalizzare le loro attività proprio in questi paesi, chiudendo molti dei loro stabilimenti in patria. Al contempo altri ancora in questi paesi sorgevano e s’affermavano, fondendosi magari coi vecchi gruppi occidentali oppure superandoli con la loro concorrenza. La chimica di base, l'acciaio e numerosi altri generi di produzione sono stati tra i primi a trasferirsi dall'Occidente in Cina come in India o in tante altre parti del mondo in via di sviluppo. Di qui a colpevolizzare la Cina come fonte o prima responsabile di una droga micidiale ce ne corre.
E' qua che l'articolo di Bloomberg spiega allora come stanno davvero le cose, o quantomeno ne dà una visione un po' più attendibile a quelle udite in molte occasioni nel nostro paese, raccontando che la crisi del Fentanyl, coi suoi 270mila morti solo nell'ultimo anno, è divenuta in occasione della campagna per le Presidenziali un vero e proprio espediente dialettico per Trump come per Biden. Entrambi promettono una linea dura contro il dilagare del Fentanyl, garantendone lo sradicamento dalla società statunitense, ma al tempo stesso approfittandone per fare anche un po' di sinofobia gratuita, ovvero accusando direttamente la Cina d'essere all'origine di questa “macchina di morte”, e allo stesso tempo un po' d'altrettanto gratuita retorica sull'immigrazione, come Pechino indicata soprattutto da Trump quale “diabolico meccanismo” che ha permesso la fortuna del Fentanyl e delle organizzazioni criminali che dalla sua creazione e dal suo spaccio vi lucrano, tra Messico e Stati Uniti. Non a caso, come sostenuto da Jim Rauh di Akron, Ohio, quello del Fentanyl “ta diventando un problema nelle elezioni perché è stato ignorato da entrambe le amministrazioni”. Jim Rauh, che ha perso un figlio di 37 anni per overdose da Fentanyl e che oggi guida un'associazione nota come “Families Against Fentanyl”, spiega poi che nella realtà dei fatti e al netto di tutte le odierne polemiche elettorali "L'amministrazione Trump lo ha ignorato, l'amministrazione Biden ora chiude un occhio. Entrambi hanno eluso i loro doveri". Secondo la portavoce Lauren Hitt addirittura “Trump è stato tutto chiacchiere e nessuna azione sulla crisi degli oppioidi, dichiarando un'emergenza e poi non stanziando risorse aggiuntive o addirittura sviluppando una strategia nazionale sugli oppioidi come richiesto dalla legge”, mentre l'amministrazione Biden avrebbe mirato a provvedimenti all'acqua di rose, cercando più la popolarità tra democratici e repubblicani che soluzioni davvero efficaci per fronteggiare la già dilagante crisi da Fentanyl. Ancora, "Quando ho iniziato a lavorare su questo problema, non era politicizzato come lo è oggi", aggiunge Regina LaBelle, direttrice della Addiction and Public Policy Initiative presso l'O'Neill Institute della Georgetown University, che ha tentato di dare un contributo alla strategia sugli oppioidi nel Amministrazioni Biden e Obama. A suo parere, poiché risulta difficile avvincere gli elettori con misure di sanità pubblica come la prevenzione e il trattamento, finisce per essere politicamente più redditizio far ricorso a misure più demagogiche: “E' più semplice dire in parole povere: la Cina sta uccidendo il nostro popolo; o: sono gli immigrati che attraversano il confine".