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Come celare interessi tanto chiari quanto poco presentabili: l'area NATO

2024-03-22 18:26

Filippo Bovo

Come celare interessi tanto chiari quanto poco presentabili: l'area NATO

Lo scoppio della guerra a Gaza sembrava quasi aver condannato all'oblio quella in Ucraina, o quasi. L'attenzione dei mass media occidentali verteva so

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Lo scoppio della guerra a Gaza sembrava quasi aver condannato all'oblio quella in Ucraina, o quasi. L'attenzione dei mass media occidentali verteva soprattutto sul conflitto tra Israele ed Hamas e sulle conseguenze che andava a determinare anche in altre aree del Medio Oriente, come l'entrata in azione degli Houthi e le missioni statunitense ed europea tese a contrastarli. Il cattivo andamento della guerra per Israele a Gaza e delle missioni USA ed UE tra Mar Rosso e Golfo di Aden ha però indotto molti a rivedere la propria linea, ritornando ad occuparsi del conflitto ucraino che analogamente non sembra dare grandi soddisfazioni né a Kiev né ai suoi alleati NATO. La prosecuzione della guerra a Gaza rende Israele sempre più diviso al suo interno ed impopolare a livello internazionale, con non pochi imbarazzi anche per i più stretti alleati nel continuare a giustificarne la linea presso la loro opinione pubblica ed ancor peggio in sede ONU, dove le contrapposizioni non fanno altro che moltiplicarsi; a tacer poi delle azioni presso la Corte Criminale Internazionale (ICC) contro le sue autorità politiche e militari. Le missioni guidate dagli USA e da alcuni paesi UE contro gli Houthi sortiscono a loro volta scarsi effetti nel ridurre la capacità offensiva dei combattenti yemeniti, che al contrario si dimostrano sempre più agguerriti ed efficaci nel colpire le navi identificate come nemiche, mentre la loro popolarità in tutto il Medio Oriente non fa altro che aumentare. 

 

Tutto questo mentre il 2024 sarà per USA, UE ed Inghilterra l'anno del voto, da cui non si prospettano affatto nuove maggioranze uguali a quelle uscenti. Per il mondo politico occidentale ci sono dunque delle buone ragioni per intiepidire un po' i rapporti con Israele, o almeno così dar ad intendere ai propri cittadini, accantonare la trionfale retorica con cui erano state inaugurate le missioni navali contro gli Houthi e tornare a parlare dell'Ucraina, dove analogamente le cose non sembrano comunque andare tanto meglio, né per Kiev né per i suoi alleati. C'è tuttavia un piccolo dettaglio che non sfuggirà a nessun osservatore: gli alleati di Kiev sono gli stessi di Tel Aviv, e pure gli stessi che portano avanti le operazioni Prosperity Guardian ed Aspides contro gli Houthi. Si tratta dunque di un difficile gioco d'alternanza tra due diversi imbarazzi militari ed internazionali, a cui i mass media occidentali sembrano adeguarsi con le stesse difficoltà del loro mondo politico di riferimento, mai così diviso e scoordinato come oggi.

 

Ciò può spiegare le uscite del Presidente francese Macron circa l'invio di truppe europee in Ucraina, a cui l'Eliseo ha fatto seguire sia parziali rettifiche che rinnovate minacce, che hanno diviso i partner UE e NATO e rinfocolato le tensioni con Mosca; oppure le costanti speculazioni sulla morte di Alexey Navalny, subito classificata in tutta Europa come omicidio prima ancora che vi fossero dati ufficiali su cosa potesse averla causata, e senza neppure chiedersi perché mai il Cremlino dovesse eliminare fisicamente una personalità politicamente fuori gioco e sotto il suo pieno controllo; o ancora sul suo funerale, di cui si dava per certa la proibizione quando invece s'è potuto regolarmente tenere all'aperto e alla presenza del pubblico. Men che meno ha contribuito l'andamento delle elezioni presidenziali in Russia, certamente prevedibile nei suoi esiti, ma su cui in tutto l'Occidente le speculazioni e le ingerenze sono state d'ogni genere, dalla vedova di Navalny che ha rivendicato come grande protesta contro il Cremlino l'affluenza elettorale in un orario di punta come mezzogiorno alla Casa Bianca che per la prima volta nella sua storia ha rifiutato di riconoscere il risultato. Intanto cresceva però l'allarmismo sulle capacità belliche e la salute economica di una Russia in passato sempre descritta come male armata, isolata ed inginocchiata dalle sanzioni, a cui faceva da contraltare il rinnovato e disperato appello di Kiev a nuovi aiuti militari, visto che in effetti il materiale sin qui inviato dagli alleati è andato in buona parte disperso e quel che giunge mensilmente è largamente insufficiente a coprire i ritmi del conflitto. Così presso tutti i paesi NATO ha ripreso vigore l'imperativo, in realtà mai del tutto venuto meno, di sostenere l'Ucraina per “fare la guerra alla Russia fino all'ultimo ucraino”, perché altrimenti dopo aver piegato Kiev l'esercito del Cremlino invaderà pure i paesi vicini, magari la Finlandia, i tre Stati baltici, la Polonia o la Moldavia. Non a caso proprio questi paesi sono i più attivi nel far loro sia le parole di Zelensky che quelle di Macron, in una sorta di gara a chi maggiormente strattoni la “vecchia Europa” dell'Ovest.

 

L'imperativo, che anima tutti e in diversa misura, dagli USA all'UE, trova in realtà una sua spiegazione in una questione molto “terra terra”, legata soprattutto al “vil danaro”: bisogna alimentare un perenne e crescente stato d'allarme, a maggior ragione ora, in pieno periodo elettorale, per giustificare nuovi rastrellamenti finanziari a danno della cittadinanza con cui foraggiare un apparato militar-industriale che ha visto in questo conflitto una buona occasione per ingrandire enormemente le proprie fortune. I grandi investimenti necessari ad una forte R&D (Ricerca e Sviluppo) e a maggiori produzioni militari, a più cospicui stanziamenti per la difesa sia nazionale che di tutta l'Alleanza, a relativi ingaggi e così via, necessitano del massimo consenso popolare, anche perché hanno come contropartita il sempre più drastico dimagrimento dello Stato sociale, l'aumento dell'indebitamento pubblico, della massa monetaria circolante e dell'inflazione, e via dicendo. Fior di think-tanks, al servizio di questi grandi apparati pubblici e privati, dall'industria della difesa ai vertici strategici, militari e politici, fanno egregiamente il loro dovere elaborando analisi e previsioni tese a soddisfare le aspettative dei loro committenti e a descrivere imminenti catastrofi all'orizzonte, da fronteggiare con una rinnovata e massiccia corsa agli armamenti: sanno che più saranno cospicui e funesti i loro elaborati, e più si vedranno ripagare con maggiori emolumenti ed avanzamenti di carriera. Non diversamente avviene per quanto riguarda la futura ed ipotetica ricostruzione dell'Ucraina nel post-conflitto, dove gran parte dei lavori prospettati sono già stati spartiti tra i vari alleati di Kiev e i relativi fondi per pagarli già spesi senza neppur aver messo su un mattone: vanno rifinanziati e le richieste di appaltatori ed appaltanti non sono certo meno intense, anche perché esattamente come nel caso dei grandi investimenti militari e difensivi pure in questo caso l'immenso quantitativo di denaro andrà ad alimentare vecchi e nuovi stipendi, creste e prebende. Anche qua, intuibilmente, non mancano comitati d'esperti, task forces e think-tanks che sanno come devono fare il loro lavoro per garantirsi una ben retribuita carriera anche nel futuro. 

 

L'imperativo di sostenere l'Ucraina finché non avrà finito d'immolare tutti i suoi uomini giungendo all'estinzione, così da tener lontana dai confini dell'UE e della NATO una Russia sempre più vincente e minacciosa, è tornato dunque fortemente in auge, proprio come al principio del conflitto. Per mettere sotto il tappeto la polvere di tante altre imbarazzanti questioni internazionali e giustificare le non molto più presentabili ragioni di chi sul conflitto specula, e non soltanto finanziariamente, tutto finisce così per tornare utile: ad esempio l'incubo di una palpabilmente vicina minaccia nucleare, con Mosca che non esiterebbe a ricorrere alle sue testate. Pure questo allarme, come sappiamo, non è stato risparmiato da molte cassandre occidentali che sembrano più interessate a tener vive le fiamme del conflitto che a smorzarle.

 

 

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