
L'anno appena cominciato vede già un succedersi d'importanti novità a livello internazionale, e tra tutte queste l'ingresso dell'Indonesia nei BRICS da membro a pieno titolo merita ben più di una considerazione. Il Brasile, che detiene la Presidenza dei BRICS per l'anno corrente, ha fortemente caldeggiato l'entrata di Giacarta, che già nel 2023 presentando la propria candidatura aveva incontrato il favore anche degli altri membri. Paese tradizionalmente moderato, seppur con un passato di grande agitatore nella politica internazionale e di capofila nelle lotte al colonialismo nei primi decenni della Guerra Fredda, sotto il mai dimenticato Presidente progressista Soekarno fondò con la Conferenza di Bandung il lungimirante progetto del Movimento dei Non Allineati (MNOAL). Il MNOAL, tuttora attivo e con un cospicuo fronte di paesi a comporlo, simboleggiava il desiderio di riscatto del “Sud Globale” e la sua volontà di stabilire quadri d'alleanze indipendenti dalle logiche del mondo diviso in due blocchi prima e guidato da un solo blocco poi: i BRICS, si potrebbe sagacemente dire, ne raccolgono a loro volta lo spirito dandosi obiettivi ancor più ambiziosi.
Tuttavia, proprio quanto gli altri protagonisti dei BRICS e del MNOAL, durante la sua lunga storia anche l'Indonesia ha più volte conosciuto la sferza e l'onta della rapacità neocoloniale. La dittatura di Suharto nella seconda metà degli Anni Sessanta depose Soekarno conducendo Giacarta sotto la sfera d'influenza occidentale e in giochi di subimperialismo neocoloniale ben rappresentati dall'occupazione di Timor Est di qualche anno più tardi, ma al contempo seppur confusamente e a duro prezzo pose le basi di uno sviluppo che nel 1998, col sopraggiungere della crisi asiatica, l'avrebbe infine travolta insieme ad altri governi della regione. Se Soekarno era stato il “padre della nazione”, Suharto era stato invece il “padre dello sviluppo”, pagato con la morte di mezzo milione d'oppositori comunisti, oltre che con l'occupazione e il genocidio a Timor Est e le sanguinose repressioni dei moti separatisti a Papua ed Aceh. Persino in occasione della messa tenuta da Papa Giovanni Paolo II, nell'ottobre 1989, non era mancata la cruenta repressione dei manifestanti da parte delle milizie governative. Finito il suo regime, l'Indonesia iniziò il non facile percorso verso la democrazia, sostenuta da una crescita che non tardò a ritrovare i suoi importanti ritmi.
Con 275 milioni d'abitanti, Giacarta si pone oggi come il quarto paese più popoloso al mondo e già questo ne fa un attore d'incontestabile entità internazionale; è inoltre il più importante tra quelli musulmani, con una tradizione di grande stabilità interreligiosa nonostante alcuni dolorosi episodi di fondamentalismo legati a sigle jihadiste come il Movimento 212 e Jamaah Ansharut Daulah (JAD), affiliate al Califfato a cui si stima che abbiano fornito almeno 700 miliziani. Nella storia indonesiana l'Islam è infatti approdato pacificamente nel corso dei secoli, portato dalle imbarcazioni dei mercanti arabi e indiani e non da sofferte guerre sante: anche questo elemento ha esaltato e sottolineato l'anima di grandi commercianti e mediatori degli indonesiani, popolo che dinanzi ai drammi non ha tuttavia mai disdegnato neanche l'onere della lotta. Durante la Seconda Guerra Mondiale, invaso dalle truppe giapponesi, iniziò la lotta dei movimenti nazionali per liberarsi della loro occupazione insieme a quella del colonialismo olandese, che v'era penetrato sin dal XVII Secolo. Come dura è la memoria dell'occupazione giapponese, così pure lo è quella del colonialismo olandese, che ancora al tempo della Compagnia Olandese delle Indie Orientali aveva represso nel sangue l'insurrezione di Giacatra, radendola al suolo e ribattezzandola Batavia. Nel 1945 fu proprio il suo futuro Presidente Soekarno a proclamare l'indipendenza dell'Arcipelago, proseguendo la lotta fino all'inevitabile riconoscimento da parte della Regina Giuliana d'Olanda nel 1949.
Dentro i BRICS giunge dunque oggi un attore di primo piano, nella storia delle lotte anticoloniali come del mondo musulmano, e così pure dei nuovi equilibri globali, ben oltre le sempre più strategiche aree dell'Asia, del Sud Est Asiatico e dell'Indo-Pacifico. Già oggi stime della Banca Mondiale attribuiscono all'Indonesia un'economia a medio-alto reddito, trainata da settori agricolo, industriale e dei servizi sempre più vasti e diversificati: consolidato è il primato nella produzione d'olio di palma, a cui seguono altre importanti colture come il riso e il caffè, nonché quello nel tessile, affiancato dall'automotive e dall'elettronica, o dalla petrolchimica, alimentate dal forte ruolo globale nell'estrazione di gas, petrolio e carbone, oltre che d'altre materie prime come il rame, il nichel, lo stagno e la bauxite. Tutte queste voci ne sostengono la vocazione d'economia esportatrice, a grande beneficio anche d'altri settori ancora come ad esempio la finanza e le telecomunicazioni. Non diversamente si potrebbe dire, data la chiara volontà del paese di promuoversi nel mondo facendo leva sulle sue grandi bellezze storiche e naturali, pure per la vocazione al turismo. Grande infine, sempre in termini economici, il potenziale da esplorare nei campi della geotermia e dello sviluppo delle energie rinnovabili, a cui il governo è sempre più interessato anche nell'ottica di una maggior difesa dell'ambiente.
Dallo scorso ottobre Presidente è Prabowo Subianto, successore dell'ormai storico Joko Widodo; s'appresta, con una diversa compagine di governo, a raccoglierne l'eredità politica, fatta di sapiente equilibrio e grande moderazione. L'ingresso nei BRICS è certamente uno dei suoi lasciti di maggior spessore, un riconoscimento della forte rilevanza che Giacarta ha assunto nel corso degli anni: non più solo colosso demografico, geografico e politico, ma anche produttivo, commerciale ed economico. Le prospettive future, caratterizzate dal progressivo aumento dei consumi interni e della classe media, dagli investimenti nelle infrastrutture e nelle attività produttive, e dall'implementazione infine dei vari trattati commerciali, depongono a favore di una sempre maggior espansione destinata a collocare in un ventennio l'Indonesia al rango di consolidata superpotenza. Dal 2030 al 2050 Giacarta si porrà dal settimo al quarto posto nella classifica delle economie mondiali, con molte delle sue odierne sfide che a quel tempo risulteranno sanate: le diseguaglianze economiche, eredità dei passati decenni e dei condizionamenti neocoloniali, spariranno significativamente, assorbite da un PIL che ogni anno cresce con una media del 5%. Così attestano ricerche come quelle di PwC che garantiscono all'Indonesia il prossimo superamento d'economie occidentali ormai mature come Germania ed Inghilterra, e McKinsey che in molti suoi approcci si rivela addirittura più ottimista. Anche la spiccata centralità nel consolidato quadro dell'ASEAN, grande famiglia dei paesi del Sud Est Asiatico dalle connotazioni non più soltanto economiche e commerciali, vede Giacarta intrecciata ad altri grandi partner internazionali da accordi e legami che ne fanno ideale luogo di scambio ed incontro tra Asia continentale e Indo-Pacifico.
L'ingresso di Giacarta nei BRICS, per quanto auspicabile e prevedibile, segna oltre al crescente dinamismo del paese anche quello della piattaforma sorta ancora nel 2001 con Brasile, Russia, India e Cina, che a quel tempo l'economista Jim O'Neill battezzò con l'acronimo di BRIC. Il nome BRICS, legato al successivo sopraggiungere del Sudafrica, ha acquisito poi sempre più significato con l'entrata in tempi recenti anche d'altri membri come gli Emirati Arabi Uniti, l'Etiopia, l'Egitto e l'Iran, a cui ultimamente sono andati ad aggiungersi anche nuovi paesi partner, dal Kazakhstan alla Malaysia, dalla Bolivia all'Uzbekistan, dalla Nigeria alla Bolivia, e via dicendo. Numerosa, nel frattempo, è la lista dei candidati andatasi ad infittire, rappresentanza del sempre più vasto ed emergente “Sud Globale” che guarda oggi a nuove ed ambiziose sfide, come la creazione di piattaforme alternative al sistema di pagamenti SWIFT, ad una nuova valuta comune o a propri mercati di scambio per le materie prime ed altre commodities. Nel grande consesso dei BRICS, fondamentale sarà dunque l'apporto che Giacarta vi potrà dare, venendone a sua volta beneficiata.