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Il tour di Xi Jinping in Europa: in Francia è de-escalation, ma non solo

2024-05-09 17:00

Filippo Bovo

Il tour di Xi Jinping in Europa: in Francia è de-escalation, ma non solo

Dallo scorso 6 maggio ha avuto inizio il ciclo di visite ufficiali del Presidente cinese Xi Jinping in Europa, composto di tre tappe importanti, diffe

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Dallo scorso 6 maggio ha avuto inizio il ciclo di visite ufficiali del Presidente cinese Xi Jinping in Europa, composto di tre tappe importanti, differenti e proprio per questo molto significative come la Francia, la Serbia e l'Ungheria. Ciascuna rappresenta, a proprio modo, una diversa visione di Europa e, nel caso di Francia ed Ungheria, anche di UE: Parigi e Budapest divergono infatti tanto nelle politiche interne quanto in quelle comunitarie, per concludere poi con la differente posizione sul conflitto in Ucraina, con distinguo che determinano un disallineamento anche nella NATO. La Serbia, unico paese europeo con la Bielorussia nei Non Allineati, come da ruolo ereditato dalla Jugoslavia, ha invece più volte scontato nel proprio recente passato un duro rapporto con la NATO e in tempi più recenti valutato un proprio ingresso nell'UE, talvolta sembrando di porsi proprio sul medesimo cammino già percorso proprio dall'Ungheria; intuibilmente, anche il suo approccio verso l'attuale conflitto in Ucraina non diverge da quello ungherese, presentandosi persino più reciso. In Francia Xi Jinping è giunto preceduto da fiduciose aspettative: i vecchi colloqui intrattenuti con Emmanuel Macron sono sempre stati cordiali e costruttivi, permettendo ogni volta di stemperare i toni su numerose increspature internazionali relative sia ai rapporti tra Cina ed UE che alle gravi crisi in corso in Ucraina e in Palestina. Secondo sondaggi svolti da China Media Group, CGTN e Renmin University, l'80% dei cittadini francesi intervistati in base alle domande giudica Pechino una potenza di grande influenza e il 70% di notevole successo, dando sulla crescita economica, il contributo all'economia mondiale o gli sviluppi scientifici risultati ancor più significativi, spesso prossimi o sopra il 90%. Accolto dal primo ministro Gabriel Attal, nella Capitale folti e numerosi erano i cortei composti da cinesi residenti e provenienti dall'estero, come quelli di cittadini francesi fortemente incuriositi. Del resto, accanto ad una comunità cinese radicata e di storica presenza, in Francia non sono minori nemmeno i legami misti, che cementano e propiziano ancor più i rapporti col grande paese asiatico: in un'economia sempre più globalizzata, risultano oggi più di duemila le aziende francesi presenti in Cina, con una particolare predilezione per la dinamica Shanghai.

 

A Parigi è intervenuta, come già fu nella visita a Pechino, anche la Presidente della Commissione Europea Ursula Von Der Leyen. Rilevante il dossier sul tavolo, affrontato in un incontro trilaterale all'Eliseo, con una lunga disamina sulle complesse questioni riguardanti la promozione della pace e dello sviluppo mondiale. Anche recentemente Macron ha reiterato il monito ad un possibile invio di truppe NATO in Ucraina, nuovamente suscitando dibattiti e divisioni in seno all'Europa: se alcuni paesi come la Polonia sono parsi piuttosto ricettivi a tale eventualità, il resto del “concerto europeo” ha invece preferito mordere il freno giudicandola alquanto eccessiva. A tal proposito, proprio in quelle ore a Mosca l'ambasciatore francese in Russia Pierre Levy, insieme al suo omologo inglese Nigel Casey, sono stati convocati al Ministero degli Esteri per delle lunghe consultazioni proprio sulle esternazioni già udite nei loro paesi. Se all'ambasciatore inglese sono state chieste spiegazioni su quanto detto da David Cameron, che avallava l'uso di armi britanniche in Russia da parte dell'Ucraina, che Mosca vede come un grave incentivo all'escalation a cui poter rispondere simmetricamente, anche in territorio inglese, intuibilmente al suo omologo francese sono state invece chieste spiegazioni proprio su quanto precedentemente detto da Macron. Lo Stato Maggiore russo, dichiarando l'inizio dei preparativi per le esercitazioni militari con arsenale nucleare tattico nel Distretto Militare Meridionale russo, che comprende anche i territori limitrofi all'Ucraina e alla Crimea, ha già di per sé fornito una risposta militare e diplomatica ad Inghilterra e Francia, che i loro ambasciatori in Russia in quel momento ovviamente già conoscevano. Non è casuale che da quel momento non si siano sentite ulteriori parole dall'Eliseo riguardanti l'invio di truppe NATO in Ucraina, ma solo di un suo sostegno che non implica l'essere in guerra con la Russia ed il suo popolo. Del pari, la Cina ha più volte ricordato a quanti la invitano a non dare un sostegno a Mosca o ad esercitarvi pressioni affinché concluda il conflitto, da Antony Blinken ai vari leader e rappresentanti europei sin qui incontrati così come in sede internazionale, di manifestare una maggior senso di responsabilità impegnandosi in primo luogo a decostruire le ragioni della guerra. Oggi come due anni fa, dunque, vale ancora il principio espresso da Xi Jinping per cui “spetta a chi ha messo il sonaglio al collo della tigre il compito di toglierlo”, sostanzialmente ripetuto anche stavolta a Macron e alla Von Der Leyen.

 

Nell'odierna instabilità che connota le relazioni internazionali, Xi Jinping ha voluto sottolineare anche l'importanza del rapporto tra Cina ed UE, con quest'ultima considerata da Pechino come un attore strategico per la propria modernizzazione: sempre in nome del bene comune, che è interesse dell'intera comunità mondiale, i due interlocutori devono quindi preservare ed elevare la loro proficua cooperazione. E' un buon momento per ricordarlo, se pensiamo che proprio quest'anno cade il sessantesimo anniversario dell'avvio di rapporti diplomatici tra Cina e Francia, stabiliti nel 1964: a quel tempo, Parigi fu la prima nazione europea ad aprire ad aprire a Pechino, con una mossa che negli anni a venire sarebbe stata seguita anche da altri membri storici della Comunità Europea d'allora. L'evento, celebrato all'Eliseo, ha visto poi un colloquio bilaterale tra Xi e Macron, dove sono stati ribaditi i principi d'indipendenza, comprensione reciproca, visione a lungo termine e reciproco vantaggio che sempre dovrebbero connotare i rapporti diplomatici tra attori internazionali; ciò, in un mondo attraversato da gravi prove e rapide trasformazioni, costituisce ancor più un serio impegno a mantenersi su una linea di costruttività. Per costruire i legami tra Cina e Francia della nuova era, maggiore deve infatti essere lo sforzo per evitare una nuova “guerra fredda” o uno “scontro tra blocchi”, con una visione sempre lungimirante ed armoniosa, a favore di un equo ed ordinato mondo multipolare. Non solo per Pechino, ma anche per Parigi la buona cura di questi principi è nel proprio interesse, giacché nel multilateralismo il suo storico ruolo diplomatico ed internazionale può trovare maggiori spazi di manovra. Se ciò la vincola intuibilmente anche ad una più energica tutela della Carta delle Nazioni Unite e dei valori del diritto internazionale, non meno la vincola pure a dar corso costruttivamente a tutti gli sforzi congiunti affinché s'individuino con tempestività ed efficacia le soluzioni utili a dirimere le varie e gravi questioni macroregionali oggi in atto. Può essere il momento giusto per intraprendere, dopo una corsa ad accendere ed alimentare certi fuochi, ad intraprendere una linea più colloquiale nel mondo in modo da facilitarne uno spegnimento. Dall'Ucraina alla Palestina, il lavoro che congiuntamente e sin da ora due membri storici del Consiglio di Sicurezza come Cina e Francia possono avviare all'ONU oltre che promettente appare quindi persino irrinunciabile ed essenziale.

 

Xi ha voluto ricordare quanto la Cina sia già ora pronta ad esprimere pienamente tutto il potenziale di una cooperazione reciprocamente vantaggiosa, in un quadro di rapporti bilaterali stabili e strategici, per un mutuo rispetto degli interessi fondamentali ed una comune lotta ad equilibrare verso l'alto il commercio bilaterale. Numerosi sono gli argomenti su cui le due parti possono lavorare, come una più completa sinergia nelle strategie di sviluppo, e così una maggiore cooperazione in campo aeronautico ed aerospaziale, sull'energia nucleare o ancora su tanti altri campo scientifico-tecnologici; senza poi dimenticare la finanza o la congiunta esplorazione di nuove frontiere in buona misura emergenti come l'energia verde, l'industria 4.0, l'intelligenza artificiale (IA) o la biomedica. Come già testimoniato dal gran numero d'imprese francesi operanti in Cina, che oltretutto beneficeranno di nuove agevolazioni e semplificazioni normative e burocratiche riservate pure agli altri nuovi investitori, il favore riservato da Pechino alle nuove e future iniziative degli imprenditori francesi sarà sempre garantito. Qualsiasi materia può essere oggetto di confronto costruttivo tra i due interlocutori, considerando poi che alcune appaiono da tempo inderogabili, come la comune salvaguardia della biodiversità marina e terrestre, o ancora il contrasto al cambiamento climatico. La Francia analogamente ripone grandi aspettative dallo sviluppo del partenariato strategico, assumendosi l'impegno ad aprire il proprio mercato a Pechino e a non portare avanti politiche penalizzanti verso gli investitori cinesi intenzionati ad operare nel proprio territorio. Inoltre, come paesi fondati su storiche e ricche civiltà, Cina e Francia dovranno impegnarsi per la promozione degli scambi interpersonali, come per continuare ad organizzare importanti eventi comuni come l'Anno della Cultura e del Turismo, e a lavorare congiuntamente per la tutela e il ripristino del patrimonio culturale. Un ulteriore e positivo segnale, sotto quest'aspetto, arriva proprio dalla decisione appena assunta da Pechino d'estendere la politica d'esenzione dai visti per la Francia fino alla fine del 2025, misura riservata anche ad altri undici paesi: in soli tre anni potranno così essere oltre diecimila gli studenti francesi in Cina, mentre nell'insieme i giovani europei addirittura raddoppieranno di numero. Anche tale approccio indica la volontà che i rapporti tra i due interlocutori possano sempre mantenersi positivi e favorevoli alla comune soluzione dei contrasti internazionali, in una direzione che tenda sempre più ad un loro decremento. 

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