A fine marzo ha avuto inizio il Forum di BOAO per l'Asia (BFA), che ha confermato la centralità di Pechino quale attore fondamentale non soltanto in ambito asiatico ma pure internazionale. Non a caso il tema con cui quest'anno veniva inaugurato era “L'Asia e il Mondo: sfide comuni, responsabilità condivise”, a sottolineare la sempre maggiore importanza del Continente Asiatico nelle dinamiche mondiali, siano esse economiche o politiche, ambientali o tecnologiche, e non ultimo militari. Se per oltre due secoli erano state l'Europa e il Nord America a vantare il maggior peso specifico nelle sorti del Pianeta, oggi tale ruolo sta ritornando rapidamente all'Asia e all'Oriente, con un'innegabile e già fattiva investitura ad un ruolo guida a livello internazionale. L'Asia, di cui la Cina inequivocabilmente è sempre più il cuore, gioca oggi un ruolo guida anche per le altre aree del Mondo, dalle vecchie economie mature dell'Occidente ai nuovi e dinamici attori del suo vasto Sud. Laddove un tempo era l'Occidente a guidare il Sud del Mondo, incidendo anche sulle sorti della stessa Asia, oggi invece è quest'ultima a detenere tale ruolo di primus inter pares, rifiutando quindi quello padronale finora ruotato intorno alle potenze del Washington consensus. Entriamo dunque sempre più in un'epoca di multipolarismo, in cui la Cina quale attore protagonista delle dinamiche asiatiche ed internazionali fornisce anche alle nazioni del Sud del Mondo gli strumenti per rendersi emancipate protagoniste a loro volta, uscendo dalla precedente condizione di subalternità a cui il vecchio predominio occidentale le aveva relegate. Il BFA ne è dunque concreta testimonianza, anche per quanto concerne l'evoluzione dei tempi, dacché sorse nel 1998 su iniziativa dell'allora Presidente filippino Fidel V. Ramos, in un'epoca in cui certamente il Pianeta viveva equilibri ben differenti da quelli odierni. Di anno in anno ha dunque assistito a sorprendenti mutazioni, di cui forse ancora solo in parte ad Occidente percepiamo la consistenza.
In questa cornice acquisisce una strategica importanza il rapporto tra la Cina e gli Stati Uniti, ovvero tra il nuovo ma ormai affermato protagonista dei nuovi meccanismi internazionali e il vecchio ma sempre importante egemone dell'ormai declinante ordine unipolare. Solo da un rapporto paritario e collaborativo tra le due grandi potenze possono nascere buoni frutti per il Mondo, che viceversa non trarrebbe alcun giovamento da loro relazioni burrascose e conflittuali. Il vertice APEC dello scorso anno ne è già stato una buona prova, con un dialogo cordiale e costruttivo tra il Presidente cinese Xi Jinping e il suo omologo statunitense Joe Biden. Mantenere e sviluppare l'atmosfera positiva vista a San Francisco è dunque nell'interesse non soltanto della Cina e degli Stati Uniti, ma del Mondo intero. A tal proposito, discutendo a fine marzo con alcuni rappresentanti delle comunità industriali, economiche, commerciale, strategica ed accademica degli Stati Uniti, il Presidente Xi Jinping ha espresso la propria soddisfazione nella volontà comunemente condivisa delle due nazioni di rafforzare il dialogo e la cooperazione e di promuovere la collaborazione e la comprensione reciproca per un futuro condiviso. Andrebbe in tal senso ricordato come proprio da una simile opportunità gli stessi Stati Uniti possono trovare un'efficace soluzione al loro declino, laddove rifiutarla al contrario ne potrebbe soltanto fornire un'ulteriore e grave accelerazione. Proprio per questo gli Stati Uniti dovranno sempre più impegnarsi per dotarsi di una giusta percezione strategica della Cina, in modo che da pacifiche ed armoniose relazioni bilaterali possano trarre il meglio per se stessi così come per il resto della comunità internazionale.
Al riguardo, ci sarebbe un importante concetto sovente analizzato nello studio dei rapporti sino-americani, ed è quello della “trappola di Tucidide”. Molte delle analisi che fioriscono intorno ad un concetto sono viziate da precedenti relativi a scontri tra precedenti potenze emergenti e declinanti, come ad esempio la Germania e l'Inghilterra soprattutto nella Prima Guerra Mondiale, o lo stesso caso raccontato da Tucidide, quello della Guerra del Peloponneso che vide combattersi tra loro Atene e Sparta. Ne emerge così una sorta di fatalismo che porta molti studiosi a concordare sull'inevitabilità di una guerra, in un prossimo futuro, tra la Cina e gli Stati Uniti. Conviene allora suggerire un punto di vista illuminato come quello del Prof. Graham T. Allison, ex Assistente Segretario alla Difesa degli Stati Uniti per la politica e la pianificazione, e del Dott. Wang Huiyao, fondatore del Center for China and Globalization (CCG), che nel loro libro Escaping the Thucydide's Trap hanno presentato invece ben diverse spiegazioni spiegazioni di un concetto spesso tanto mal interpretato. Nel libro, giunto alle stampe proprio nell'ultima decade di marzo, il Prof. Allison sottolinea sì l'inevitabilità della competizione tra Cina e Stati Uniti, ma con l'implicito obbligo che le due potenze collaborino insieme per le grandi e comuni sfide a livello internazionale, come ad esempio la lotta al cambiamento climatico. Lo status di grandi potenze militari e nucleari assicura ad entrambe, come ad altre, la possibilità di trascendere ad una “garantita distruzione reciproca”, con la conseguenza di “sopravvivere o perire insieme”. Ma a perire, a quel punto, non sarebbero soltanto le due grandi potenze, bensì il Mondo intero. Ne consegue, secondo il Prof. Allison, la necessità che Cina e Stati Uniti guardino nel loro rapporto più alla collaborazione che alla competizione, visto che entrambi gli elementi inevitabilmente lo connotano. Solo in questo modo è possibile vincere e superare la “trappola di Tucidide”.
In tal senso, è opportuno che vengano meno certi dissapori artificiosamente creati e pompati soprattutto da Occidente, affinché il dialogo e il buon senso nei rapporti internazionali vantino una sempre maggior prevalenza, foriera di migliori e più promettenti prospettive future. Non ha molto senso, per esempio, coltivare da Occidente tensioni contro la Cina come quelle sul Mar Cinese Meridionale, con le Filippine sostenute da Washington e dai suoi principali alleati nel rivendicare quote di mare soggette alla sovranità cinese, peraltro andando in collisione col Documento di Condotta (DOC) relativo proprio a tali acque e da esse firmato nel quadro ASEAN. Strumentalizzare i propri alleati minori della regione, come gli Stati Uniti ed altri fanno con le Filippine, oltre a seminare nel Pacifico la malerba del conflitto non è neppure un comportamento corretto e responsabile verso di loro. Lo stesso può dirsi, attualmente, per la possibilità di restrizioni sui visti per gli operatori della Regione Amministrativa Speciale di Hong Kong (HKSAR) da parte degli Stati Uniti, che con un loro recente Rapporto sulla Legge Politica di Hong Kong ne hanno diffamato il sistema elettorale e l'Ordinanza di Salvaguardia della Sicurezza Nazionale, e tutte le altre sue normative ed istituzioni politiche. Tale Rapporto prelude espressamente proprio a sanzioni come le restrizioni sui visti agli ufficiali e al personale politico della Regione, testimoniando una mancanza di rispetto da parte degli Stati Uniti alla formula costituzionale cinese di “un Paese, due Sistemi” e conducendo inevitabilmente all'adozione di relative contromisure da parte di Pechino.
Ritrovare ed incoraggiare un dialogo costruttivo tra Cina e Stati Uniti è dunque la migliore strategia da seguire se si vogliono davvero evitare risultati esiziali per entrambe le parti e per il Mondo intero. In questo senso la telefonata tra il Presidente Xi Jinping e il suo omologo Joe Biden di qualche giorno fa, avvenuta in un clima cordiale e costruttivo, lascia ben sperare, anche perché fortemente incentrata sulla volontà di portare avanti la positiva e fruttuosa atmosfera già respiratasi proprio in occasione dell'ultimo vertice APEC di San Francisco. Non di meno si può dire per i rapporti portati avanti con la Cina dall'Unione Europea, altro grande attore dell'area occidentale insieme agli Stati Uniti, che al sesto meeting di Dialogo ad Alto Livello tenutosi proprio pochi giorni prima a Pechino si sono ugualmente dimostrati molto incoraggianti. In quest'ultimo caso l'argomento del meeting, la cui piattaforma è stata fondata nel 2012, era incentrato sulla comune lotta al cambiamento climatico, un tema che come già abbiamo visto sta acquisendo oggi sempre maggior importanza in tutta la comunità mondiale e dalla cui analisi e concordia possono trarre beneficio e spazi d'accrescimento anche altri argomenti analogamente d'estrema importanza comune.