Nell'articolo precedente abbiamo esaminato, a grandi linee, il tour del Ministro degli Esteri cinese Wang Yi in Francia, Spagna e Germania, senza però soffermarci più di tanto sul discorso che ha tenuto alla 60esima Conferenza sulla Sicurezza tenutasi proprio in quei giorni a Monaco, dove era tra i convitati. Molti sono gli argomenti espressi dal Ministro oltre a quelli già in parte menzionati, ed in tal senso potranno certamente venirci incontro le trascrizioni fedelmente riportate nel portale web della stessa Conferenza così come da quello del Consolato cinese di Monaco. Cercheremo quindi di ripercorrerle fornendo loro un'adeguata e maggiore contestualizzazione.
Esattamente come per l'UE, di cui la Cina apprezza l'approccio nell'insieme sempre più realistico nei propri confronti, anche riguardo agli USA Pechino manifesta un complessivo ottimismo: siamo nel 45esimo anniversario delle relazioni diplomatiche sino-statunitensi, e dalla Conferenza di Monaco è infatti emersa a livello collettivo una visione maggiormente proiettata verso il futuro, che implica un altrettanto maggiore rispetto reciproco, così come di coesistenza pacifica e di vantaggiosa cooperazione. Considerando l'attuale clima internazionale d'incertezza, una maggiore identità di vedute tra USA e Cina non può che giovare pure al recupero di una maggiore stabilità globale. Pechino sostiene da sempre la necessità che i vari attori globali collaborino e cooperino il più possibile tra loro, nel rispetto reciproco, e vede pertanto di buon occhio una maggior identità di vedute a livello internazionale con Washington. I principali attori internazionali devono poter contribuire positivamente agli equilibri mondiali, e a tal compito nessuno può sottrarsi, né la Cina né gli USA, e del pari l'UE. Dal canto suo, Pechino può già annoverare degli ottimi esempi di cosa significhi rispettare, riconoscere e cooperare affinché le varie fratture ed insicurezze che turbano lo scenario mondiale siano risanate: si pensi ad esempio alla riconciliazione tra Iran ed Arabia Saudita, facilitata proprio dalla mediazione cinese. Ciò testimonia la validità dell'Iniziativa Globale per la Sicurezza a suo tempo annunciata dal Presidente Xi Jinping. Un'altra sfida è rappresentata da quanto oggi avviene in Palestina, dove sempre tramite lo strumento della mediazione si deve approdare ad una soluzione politica del conflitto e al riconoscimento del principio dei Due Stati. Sebbene la situazione in loco sia tuttora molto tesa, è bene riconoscere che rispetto al 7 ottobre oggi sono molti di più rispetto al passato i paesi a concordare su una tale soluzione, e questo rafforza ancor più la credibilità dello strumento diplomatico. Anche perseguire la pace in Ucraina è un altro dei compiti perseguiti da Pechino, come ci ricorderemo con le prime mediazioni già condotte poco dopo lo scoppio del conflitto e le successive bozze per un accordo di pace più volte presentate ai vari consessi internazionali. A Monaco Wang Yi s'è incontrato col suo omologo ucraino Dmytro Kuleba, ricordandogli la posizione cinese tesa a favorire la pace secondo modalità politiche. Sul più vasto fronte asiatico, invece, Pechino vigila nella Penisola di Corea affinché sia evitata l'escalation, mentre con una grande istituzione intergovernativa come l'ASEAN coopera onde garantire la stabilità nel Mar Cinese Meridionale. Non sfuggirà ai nostri lettori che tutti questi contesti internazionali vedano od abbiano quantomeno visto finora la mano destabilizzatrice o comunque controproducente, a seconda dei casi, delle varie potenze occidentali o di una loro parte. Non diversamente si potrebbe dire del resto per Taiwan o anche per lo Xinjiang, di cui torneremo tra breve torneremo a parlare.
Un altro impegno che la Cina s'assume è quello di rafforzare la governance globale sostenendo la riaffermazione del multilateralismo così da poter affrontare le varie sfide internazionali con più efficacia e spirito maggiormente solidarietà. Ciò implica inevitabilmente il riconoscimento di una maggiore centralità dell'ONU, con un suo rafforzamento anziché indebolimento, ad automatico vantaggio pure dei paesi medi e piccoli e del diritto internazionale. Già oggi Pechino è il principale contributore alle missioni di pace condotte dall'ONU, oltre a dare un noto rispetto alla centralità delle decisioni assunte dal Consiglio di Sicurezza caldeggiando un analogo comportamento anche da parte degli altri suoi membri permanenti. Sempre sulla stessa scorta, Pechino sostiene pure la costituzione del Summit ONU per il Futuro. Non è un mistero che tra gli impegni comuni a livello globale vi sia oggi anche quello di difendere l'ambiente e il clima: spesso accusata in passato, e per la verità da parte di alcuni media ed aree politiche occidentali anche tuttora, di vestire i panni della “grande inquinatrice”, in realtà la Cina ha assunto impegni concreti per la lotta alle emissioni, guadagnandosi la guida nel contrasto al cambiamento climatico. Il suo supporto affinché si giungesse ad un vasto consenso all'ultima COP28, coinvolgendo gli Emirati Arabi Uniti in tal senso, è stato poi determinante. Ancora, Pechino ribadisce la necessità di una governance globale anche della rete, tema su cui da anni tiene appositi e partecipati forum internazionali, e anche sul nuovo tema dell'Intelligenza Artificiale (AI) perora l'istituzione di un organismo indipendente sotto la guida dell'ONU teso ad assicurarne una responsabile gestione. Altri esempi dello spirito costruttivo che la Cina intende perseguire li abbiamo nella cooperazione e nella solidarietà coi partner del Sud del Mondo, nella spinta all'allargamento dei BRICS e nel sostegno all'adesione dell'Unione Africana (UA) al G20. Ancora, tramite iniziative come quelle di Global Develpoment Initiative, Global Security Initiative e Global Civilization Initiative, Pechino fornisce vari beni pubblici globali.
In generale, il rispetto della sovranità internazionale nel nome di una vera e credibile governance globale è un aspetto a cui non si può assolutamente sfuggire: in questo senso è importante un vasto e ribadito riconoscimento del fatto che Taiwan sia parte integrante del territorio cinese e che le questioni che lo riguardano siano affari interni della Cina. Il principio di “una sola Cina” è del resto sostenuto e riconosciuto non solo da Pechino ma dalla stragrande maggioranza dei paesi che siedono all'ONU, e chiunque abbia a cuore la pace nello Stretto di Taiwan con tutte le implicazioni derivanti non può che respingere recisamente l'indipendenza di Taipei. Anche l'economia internazionale costituisce un ulteriore capitolo su cui è bene soffermarsi. Assumendosi il compito di motore e forza di stabilità per la promozione della crescita globale, l'economia di Pechino ha dimostrato sempre più vivacità e capacità d'adattamento alle varie congiunture sin qui presentatesi, come testimoniato pure dai suoi recenti dati di crescita. Come conseguenza di questi fattori, la Cina mira a darsi sempre più elevati standard qualitativi e al contempo ad aprirsi in misura crescente al resto del mondo, con aperture a livello normativo ed istituzionale, ed un clima sempre più favorevole all'attività degli investitori esteri e alle loro operazioni economiche. Già ora Pechino esenta dal visto 23 paesi, favorendo le relative attività economiche come del resto interpersonali, e l'intenzione è d'estendere ancor più questo approccio anche ad altri nuovi paesi. In base a tali fatti, la chiusura economica e politica verso la Cina appare come un grossolano errore storico che può solo fallire e ritorcersi contro quanti lo attuino, in un più vasto quadro che vede pure l'inaggirabilità del meccanismo della globalizzazione. Di conseguenza, e più realisticamente, è semmai opportuno collaborare tutti più attivamente e mutualmente per poter gestire la globalizzazione con modalità tali da risultare fruttuosa per l'intera comunità mondiale. Di tutti questi aspetti il Ministro Wang Yi ha discusso col suo omologo statunitense Antony J. Blinken, auspicando che lo “Spirito di San Francisco” anche recentemente respirato al vertice APEC possa essere mantenuto ed onorato; e che anche su tutte le altre questioni internazionali oggi calde, come la Palestina, le due Coree e l'Ucraina, sia osservata una tale linea di collaborazione e consultazione reciproca. Pure lo Xinjiang, regione autonoma della Cina, da anni vede gravare su di sé numerose speculazioni messe in circolazione in Occidente soprattutto nella forma di false notizie propagandiste, che parlano di “lavori forzati” e di “genocidio”. Rispondendo alle varie domande che gli venivano poste, il Ministro Wang Yi ha così potuto ricordare come tali notizie siano in realtà “mostruose bugie", che vanno oltretutto ad infrangersi con la realtà dei dati di sviluppo umano, economico e demografico conosciuto da tutta la regione autonoma.